La vulvodinia è una condizione di dolore cronico che interessa la vulva, la parte esterna degli organi genitali femminili. Questa sindrome viene definita “disturbo o bruciore vulvare, in assenza di patologie visibili o di disfunzioni specifiche clinicamente identificabili”.
Il dolore può essere localizzato alla sola vulva (vestibolodinia, vestibolite vulvare o vulvodinia localizzata) oppure irradiarsi al di fuori della vulva (vulvodinia generalizzata). La forma più frequente di vulvodinia è quella localizzata che coinvolge l’80% delle donne affette da questa sindrome, ma il confine tra una forma e l'altra non è sempre così definito.
Le donne con vulvodinia avvertono dolore, bruciore, formicolio, irritazione o fastidio nell'area vulvare, ma non vi è una causa fisica evidente, come infezioni o condizioni cutanee, che giustifichi il dolore. Il dolore può variare in intensità e durata e può manifestarsi spontaneamente o essere scatenato da determinati fattori come il rapporto sessuale, la posizione seduta protratta, pantaloni o slip stretti, farmaci locali, ecc.
Si calcola che la vulvodinia colpisca il 12-15% delle donne.
Non essendo ancora riconosciuta dal sistema sanitario nazionale - al contrario di molti Paesi europei - pochi medici la sanno diagnosticare e trattare.
Quali sono i sintomi della Vulvodinia
La vulvodinia localizzata (detta anche vestibolodinia o “sindrome vulvo-vestibolare”) è caratterizzata da alcuni sintomi circoscritti alla zona vestibolo-vulvare: dolore ai rapporti sessuali (dispareunia), ipersensibilità vulvare, fragilità e infiammazione vulvare, bruciore alla pressione, secchezza, pulsazioni, edema vulvare, sensazione di irritazione, di abrasione, di stiramento/tensione, di peli genitali che vengono tirati, di spilli, di coltellata all'inizio del rapporto.
Accanto ai sintomi vulvari possono essere presenti sintomi urinari (urgenza minzionale, dolore uretrale e stranguria). Il dolore è generalmente provocato da stimoli esterni quali: l’inserimento di un corpo estraneo in vagina (il pene, lo speculum, un dito, un dildo, un assorbente interno, ecc), gli sport (come la bicicletta, l'equitazione, la moto) alcuni indumenti (come perizoma, slip sintetici, pantaloni attillati), i prodotti locali (detergenti intimi, creme antimicotiche o antibiotiche), alcune posizioni (come quella seduta o l'accavallamento delle gambe), le sostanze acide o irritanti (come il sudore, l'urina quando acida o ricca di ossalati), alcuni cibi, i detergenti (bagnoschiuma, shampoo, sapone) e talvolta la deambulazione.
La vulvodinia generalizzata (o vulvodinia propriamente detta) è caratterizzata da un dolore generalizzato, che si espande a tutta la vulva e talvolta al di fuori di essa. Spesso insorge in premenopausa o in menopausa. La vulvodinia generalizzata è caratterizzata da sintomi sordi, profondi e confusi, quasi sempre spontanei, quali: bruciore, prurito, spilli, dolore. Al contrario della vulvodinia localizzata il dolore ai rapporti non è preminente.
Al tocco della vulva, la donna avverte dolore che si irradia anche al di fuori dell'area toccata fino a coinvolgere le vie urinarie e l'intera zona pelvica. Spesso è presente prurito, con conseguenti lesioni da grattamento. A livello visivo la mucosa è perfetta. Ciò comporta il ritardo diagnostico, il peggioramento della patologia e la fuorviante diagnosi di psicosomatizzazione.
La sintomatologia di solito è costante, ma ad un certo punto inspiegabilmente sparisce per poi riaffiorare improvvisamente. Aumenta in posizione seduta o a gambe accavallate e diminuisce di notte.
Le cause della vulvodinia
Le cause della vulvodinia sono ancora poco chiare. Si ipotizzano tre fattori responsabili dell’insorgenza della patologia: l'iperattivazione dei mastociti, l'alterazione neurologica e la contrattura muscolare.
Iperattivazione mastocitaria. I mastociti sono cellule che contengono delle vescicole, che riversano nei tessuti diverse molecole in grado di attivare l'infiammazione. Il processo infiammatorio è fisiologico e benefico in quanto utile a contrastare attacchi esterni. Tuttavia, se gli attacchi esterni sono continui e ripetuti, i mastociti diventeranno iperattivi e rilasceranno nei tessuti molte più sostanze infiammatorie di quelle necessarie portando infine ad una condizione cronica in cui infiammazione e dolore persisteranno anche in assenza di cause attivanti (infezioni, farmaci locali, creme, eccipienti, additivi, rapporti sessuali, introduzione di assorbenti interni, visita ginecologica, fattori ormonali, anticoncezionali estro-progestinici, ecc.).
Neuropatia. Quando il sistema nervoso che trasporta le informazioni provenienti dalla vulva è compromesso, il dolore vulvare si presenta in assenza di un danno apparente e talvolta anche senza alcun fattore scatenante. È un dolore che si autoalimenta diventando la causa e la conseguenza di se stesso. I fattori potenzialmente responsabili di neuropatia possono essere: iperattivazione mastocitaria, infezioni da Herpes, infezioni da HPV, contrattura muscolare pelvica, traumi genitali, chirurgia vulvare, episiotomia.
Contrattura muscolare. La contrattura del muscolo pubo-coccigeo si instaura sia in seguito ad un atteggiamento antalgico per contrastare il dolore, sia in seguito al rilascio dei leucotrieni (che inducono la contrazione muscolare) da parte dei mastociti durante il processo infiammatorio. Poiché la contrattura pelvica schiaccia tutte le strutture che gli passano attraverso (uretra, introito vaginale, ano, arterie, vene e nervi), in base all’organo che viene compresso avremo rispettivamente: disuria, dispareunia, stipsi, ipossia, accumulo di sostanze di scarto del metabolismo cellulare nei tessuti, dolore (che a sua volta provocherà ulteriore contrazione in un circolo vizioso autoalimentante).
La (difficile) diagnosi
Si pone diagnosi di vulvodinia per esclusione. È necessario, quindi, escludere tutte quelle patologie che potrebbero provocare lo stesso tipo di dolore: infezioni genitali, malattie dermatologiche (lichen sclerosus, psoriasi, dermatite allergica o da contatto, ecc), ascessi delle ghiandole di Bartolini, tumori vulvari, cambiamenti ormonali (atrofia vaginale da menopausa o da terapia ormonale).
Una volta escluse tutte le possibili cause si effettua lo swab test, attraverso il quale viene toccata la vulva con un cotton fioc in vari punti per verificare se il semplice tocco leggero viene percepito come doloroso. In tal caso ci troviamo di fronte ad un allodinia che fa propendere per la diagnosi di vulvodinia: localizzata se il dolore provocato dallo swab test resta limitato al punto toccato e/o è presente eritema vulvare, generalizzata se la mucosa vulvare appare normale e il dolore viene percepito al di fuori dell'area toccata.
Ad oggi i medici che sanno riconoscere e curare la vulvodinia purtroppo sono ancora pochi.
Il fatto che la vulvodinia sia una malattia caratterizzata da un dolore privo di una corrispondenza clinica osservabile e rilevabile, porta il medico poco aggiornato in questo settore, a ritenere il problema psicosomatico.
Il ritardo diagnostico e terapeutico ed il protrarsi della sintomatologia peggiorano il quadro patologico centralizzando sempre più il dolore e rendendo la terapia più lunga e complessa. Da un sondaggio statistico sulla vulvodinia effettuato dall’Associazione Cistite.info è emerso che la donna con Vulvodinia in media impiega 4 anni e 8 mesi (!!) per arrivare alla diagnosi corretta spendendo ogni anno più di 4000 euro tra visite, viaggi della speranza e farmaci.
La cura per la vulvodinia
La terapia della Vulvodinia segue un percorso terapeutico finalizzato all'annullamento o alla riduzione delle tre principali cause scatenanti:
Riduzione dell'infiammazione locale. Utile per le forme localizzate in cui vi è infiammazione vulvare e meno nella vulvodinia generalizzata poiché l'origine del problema è neurologico. L’azione antinfiammatoria si può ottenere attraverso farmaci antiflogistici (locali o sistemici), infiltrazioni e, nei casi più estremi, chirurgia.
Regolarizzazione della trasmissione nervosa. Diversi approcci terapeutici vanno a modulare il segnale nervoso:
- terapie locali (utili nella forma localizzata): anestetici, amitriptilina, benzodiazepine, capsaicina, nitroglicerina.
- terapie orali: antidepressivi, antiepilettici, oppioidi, endocannabinoidi, vitamina B12, GABA, ecc.
- terapie fisiche: terapie elettriche (TENS, elettroporazione, magnetoterapia, TECAR), agopuntura, ecc.
- terapie invasive: Infiltrazioni nei trigger points, blocco dei gangli, neuralterapia, neuromodulazione sacrale.
Rilassamento della muscolatura contratta. Il rilassamento del pavimento pelvico può essere ottenuto attraverso una serie di trattamenti, strategie e pratiche, alcuni dei quali - dietro opportuno addestramento con una professionista esperta in riabilitazione del pavimento pelvico - possono essere eseguiti in autonomia: esercizi di consapevolezza della muscolatura pelvica, respirazione diaframmatica, Esercizi di visualizzazione, Kegel reverse, automassaggio vaginale e addominale, stretching dei muscoli piriformi e otturatori, dilatatori vaginali, Hatha Yoga, calore, Biofeedback, terapia elettrica, osteopatia, massaggio intravaginale dei trigger point, infiltrazione di botulino nei trigger points, miorilassanti orali.
A tutto ciò occorre affiancare un trattamento psicologico che consenta alla Paziente di riappropriarsi della propria sfera sessuale, sociale ed emotiva, che la patologia ha compromesso.
È bene sapere che, sebbene la malattia sia assolutamente reversibile, il percorso terapeutico prevede l'alternarsi inevitabile di periodi di miglioramento a momenti di regressione e andrà adattato alla singola donna.